OGD: ORGANISMO GENETICAMENTE DIVERSO


TEORIE
Ho voluto fare come i negazionisti, sapete quelli che dicono che l’olocausto non è mai esistito. “Ma scusa e quegli undici milioni di morti”? “Eh sai il caldo”. “Il caldo”? “Beh ai tempi non c’erano mica i centri commerciali dove ripararsi d’estate”. Sì, sì, beh è una teoria.
E allora mi son detto che i padani, sai quelli che girano in canottiera bianca o in camicia verde, quelli che ce l'hanno duro, quelli che bevono l’acqua marcia del Po', dai quelli che si puliscono il culo con il tricolore, tutto sempre mentre ce l'hanno duro. Sai che male poverini. Ecco mi son detto che non sono razzisti. No. È che odiano il mare. Sì. “Per me Milano e Napoli sono di pari bellezza… mi fan cagare tutte e due. Ma il salmastro proprio non lo sopporto. Ti senti tutto appiccicoso”. Anche a voi questa teoria non torna? Eh lo so. Nemmeno a me convince. Ma io da qualche parte dovevo cominciare il discorso o no?
Lo so che quello che dirò potrà suonare per molti come retorica, come buonismo. So anche che dirò parole che per molti altri invece suoneranno come ingiuste e offensive. La mia non vuole essere una lezione. Non ne sarei in grado. Io vorrei solo farvi pensare mostrandovi come il mondo sia stato cambiato sempre da delle teorie. Teorie che anch'io purtroppo non riesco spesso, troppo spesso, a vincere. Teorie che ti entrano addosso come l'umidità delle nostre città. Difficile da togliere.

UGUAGLIANZA
Tutti i cattivi o i presunti buoni hanno cominciato da una teoria. Franco il dittatore spagnolo. Mussolini, Stalin, Hitler, tutti avevano una teoria. Ma, a differenza di quanto scritto e detto, la parola da temere non è “razzismo”. No. Franco non è partito dal razzismo, Mussolini neanche, Stalin nemmeno, e così Hitler. Avevano una loro teoria. Discutibile certo. Ma pur sempre una teoria. Tutti questi signori non facevano altro che perseguire un ideale universale da tutti incensato come il sommo bene. Un ideale che sembra fortemente in contrasto con il razzismo, ma che in realtà è stato il vero demonio del novecento e della prima parte del secolo che stiamo vivendo: l’uguaglianza.
“Ma cosa stai dicendo? L’uguaglianza un male? Ma se siamo tutti uguali, fratelli”. No, non è vero. Fratelli si, ma uguali no. Guai. Dio non ci ha creati uguali. E non è solo una questione di costole in più o in meno. Ha creato Adamo ed Eva, due esseri completamente diversi.
“Ma credi davvero alla favola di Adamo ed Eva”? No, non ci credo. Lo so che i primi capitoli della Genesi sono simbolici. Ma è interessante vedere che né l'ebraismo, né il cristianesimo poi, si basano sull'uguaglianza. Al contrario tutto si basa sulla diversità. E il diverso lo sapete fa paura. Ecco perché sono proprio gli ebrei e i cristiani fra i primi a fare danni enormi con la scusa dell’uguaglianza.
Siamo tutti diversi. “Ma io lo sapevo che siamo tutti diversi, non sono di certo come quello del quarto piano. Brutto. Poi scuote la tovaglia e mi butta le briciole in terrazza”.

EUGENETICA
È il principio dell’eugenetica. Il principio per il quale chi non è allineato, chi non è uguale deve essere eliminato o almeno bisogna impedirgli di riprodursi. Altrimenti si crea un’anomalia genetica e la razza pura viene sporcata.
Un ladro, un assassino, un malato di mente, un malato grave, un invalido, un Down, un giallo, un pellerossa, un negro, uno zingaro, un ebreo, un omosessuale… queste persone o hanno un costo che la società deve sostenere o sono portatori sani di un virus che può infettare il nostro gene perfetto. Capite. È la base del razzismo.
Non è il razzismo becero che fa “uh uh” negli stadi. È un razzismo che ha basi solide nella scienza.
Sei malato di mente, disabile, Down, malato grave, carcerato? Allora non puoi produrre. Se non puoi produrre vuol dire che sei un parassita. Se sei un parassita rubi soldi delle persone che producono. Quindi devi essere eliminato. E dove non si elimina si sterilizza. Perché la tua condizione è genetica e quindi potresti trasmetterla ai tuoi discendenti. Potresti. Non è detto. Ma nel dubbio…

EDUCAZIONE
La storia è piena di questo razzismo. Ha radici nella scienza non solo recente ma anche nella scienza antica. Dalla schiavitù egizia ad Auschwitz il passo è breve. Nel mezzo ci sono miliardi di persone morte, offerte in olocausto al dio “uguaglianza”.
Perché la scuola non basa l’insegnamento sulla diversità?
Perché ancora oggi si continua ad investire risorse, persone, soldi sull'uguaglianza e sulla creazione di tanti piccoli balilla?
Perché eccellenze come ad esempio Mario Lodi, scomparso da poco, Maria Montessori e Don Lorenzo Milani sono state messe in soffitta insieme alle nostre collezioni di tappi da birra?
Se la scuola non educa alla diversità continueranno a nascere mostri capaci di far impallidire perfino Hitler.
La scuola crea maestri, medici, politici, scienziati, plasma coscienze. Se la scuola educa all'uguaglianza che tipo di coscienze usciranno?


LOMBROSO
Cesare Lombroso, medico ebreo italiano, nel 1876, dopo sei anni di studi intensi, di autopsie su corpi di molti criminali, scrive un libro dal titolo “L’uomo delinquente”. È il 1876. Hitler non era ancora nato.
In questo libro Lombroso spiegava la sua teoria, basata sui suoi studi fatti sui corpi, sugli organi, sulle ossa dei criminali morti che gli passavano sotto mano. In buona fede Lombroso diceva che un criminale si riconosce grazie alla fisiognomia. Uno è criminale per nascita. Geneticamente criminale. Se tu hai una certa conformazione del cranio o di altre ossa o organi sei un criminale. Facile a quel punto dire che se sei un criminale bisogna eliminarti prima che tu possa commettere un crimine.
Da qui, capite bene, parte tutto.
Quindi la scienza ci dirà nel tempo che dalla nostra conformazione si vede non solo se uno è un criminale ma anche se è un malato di mente, per arrivare ad oggi quando con una piccola iniezione si può eliminare un feto, un bambino, perché malato o non desiderato. Non è lui a dire che bisogna sterilizzare o eliminare. Questo arriverà dopo.


STERILIZZAZIONE
Durante il Terzo Reich vengono sterilizzati oltre quattrocentomila persone in otto anni. Nel resto d’Europa, dal 1928 al 1985 vengono sterilizzate oltre centosettantamila persone.
Negli Stati Uniti D’America, il grande sogno americano, vengono sterilizzate sessantacinquemila persone in ottant'anni e solo Dio sa quello che è successo nell'Unione Sovietica e in Cina. Ma non si sterilizzano solo i criminali o i pazzi. No. Ogni scusa è buona. E allora l’aumento demografico smodato è una scusa, il mantenimento di una razza pura è una scusa, il parassitismo è una scusa.
Paesi simbolo della buona politica come quelli scandinavi che da decenni consegnavano assegni di maternità per i nuovi nati decisero che per salvaguardare l’economia si doveva cominciare a sterilizzare. Nazioni all'avanguardia decidono che è meglio sterilizzare più di centomila persone, semmai improduttive, che togliere gli assegni di maternità a tutti. Ne va dell’economia si… ma anche del consenso politico.
In Germania, durante la tirannia nazista, ma anche nella civilissima unione americana, vengono sterilizzati criminali, potenziali criminali, malati di mente e presunti malati di mente. È uno sterminio a norma di legge operato nei confronti di persone che, lo capite, sono un peso e un costo per la società, per quella società che invece produce.
I passi successivi sono, se possibile, ancora più drammatici e umanamente incomprensibili.


RAZZE
Il 5 agosto del 1938, in Italia, esce il primo numero di una rivista chiamata “La difesa della razza”. È e sarà la rivista ufficiale, corretta in parte da Mussolini in persona, del fascismo.
Nel primo numero è presente uno dei documenti fondanti del razzismo fascista, ovvero il cosiddetto “Manifesto degli scienziati razzisti” sottoscritto da dieci scienziati italiani.
“Le razze umane esistono. È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose”.
Sappiamo che non andrà proprio così.
“Sono da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l’origine africana di alcuni popoli europei. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l’occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome”.
È incredibile vedere come all'epoca gli italiani credevano ad ogni puttanata detta dalla stampa e dai politici.
“I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo. L’unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee”.
Sono degli scienziati a dirlo. Che fai? Non vuoi credere a degli scienziati? Te che non hai finito nemmeno le elementari non credi a degli scienziati? Certo che ci credi. E credendo diventi parte del sistema come fossi stato ipnotizzato.
Passano centoquattro giorni ed è il re d’Italia e allo stesso tempo imperatore d’Etiopia, Vittorio Emanuele III, ha sottoscrivere il decreto, il regio decreto legge nel quale vengono imposti i provvedimenti per la difesa della razza.
“Il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito”.
Centoquattro giorni dopo aver detto che non bisogna mischiare le razze arriva il regio decreto. Ma come faccio a sapere se la mia donna o il mio uomo sono di razza ariana? Come faccio a sapere se io sono di razza ariana? Si mettono delle etichette. Te sei negro. Te sei cristiano. Te sei ebreo. Te sei giallo. E così via.
“È di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartengono a religione diversa da quella ebraica. Colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l’altro di nazionalità straniera. Colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre. Colui che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, abbia fatto manifestazione di ebraismo. L’appartenenza alla razza ebraica deve essere denunziata ed annotata nei registri dello stato civile e della popolazione”.
Per chi ancora oggi dice che Mussolini è stato un dittatore e non un tiranno. Non è forse tirannia sopprimere ogni opposizione? Non è forse tirannia inscatolare delle persone solo perché di origine ebraica e sradicare ogni loro diritto come fosse gramigna infestante?
“La razza va difesa nel senso fisico e nel senso spirituale. La prima essenziale difesa della razza consiste nell'impedire ogni connubio e ogni incrocio con genti di origine diversa”.
Non è forse tirannia dividere due persone che si amano?
“Ma la difesa del sangue non basta. La razza ariana deve respingere ogni sorta di contaminazioni morali e intellettuali, ossia tutte quelle teorie e ideologie, tutti quei sistemi filosofici, politici, sociali, economici, tutte quelle espressioni artistiche, letterarie o sedicenti scientifiche, tutti quei costumi che sono in contrasto con la sua tradizione e la sua indole”.
Non è forse tirannia eliminare tutto, simboli, usi, costumi e riti di chi senza si sente nudo e impotente?
“La difesa della razza deve essere attiva. Se nel passato sono avvenuti miscugli nell'ordine fisico, e cedimenti nell'ordine morale, essi vanno eliminati”.
Smettiamola di credere nella favola che l’unico errore di Mussolini sia stato cedere a Hitler.


SHOAH
Hitler sì, nel frattempo aveva già fatto un lavoro enorme. Aveva già, prima sterilizzato e poi ucciso centinaia di migliaia di esseri umani, senza distinzione di età e sesso, vite indegne di essere vissute. È l’operazione Aktion T4.
Si apprestava nel giro di poco a riversare questa esperienza di morte su undici milioni di altre vite, per lui e il suo regime, indegne anch'esse di essere vissute.
Fra queste, sei milioni sono ebrei. Ebrei come Cesare Lombroso.

EUTANASIA
È un’eutanasia di massa. Ma eutanasia non vuol dire mica uccidere un uomo, non vuol dire mica uccidere un malato, anche se apparentemente incurabile.
Francis Bacon, filosofo inglese padre della parola eutanasia, si guardava bene dal promuovere l’omicidio. Ah già, ci sarà qualcuno fra di voi che preferisce parlare di suicidio assistito, così la nostra coscienza sembra più pulita. Bacon si guardava bene dal dire che bisognava uccidere i malati terminali.
Nel 1605 scrisse che era importante che i medici dessero una eutanasia, una buona morte, ai loro pazienti. Una buona morte. Non poteva immaginare che dopo tre secoli la sua teoria potesse essere travisata in malafede e applicata su milioni di malati ma anche su milioni di sani. Lui voleva che non ci fossero morti dolorose. Voleva che un malato che soffriva venisse sollevato dalle proprie pene non con la morte, ma con l’aiuto di droghe, medicine e semmai un po’ di quella medicina che sa di retorica ma che è sempre la migliore di tutte, ovvero l’affetto. Non ha mai parlato né di gas ne di veleni.
Circa quattrocento anni prima di Cristo, quindi non può essere additato di baciapilismo, non c’era ancora il Vaticano, duemilatrecento anni prima di Cesare Lombroso, Ippocrate scrisse nel suo famoso giuramento: “Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo”.
Vedete come la verità viene manipolata nel tempo. Dalla buona morte all'omicidio, dalla sterilizzazione all'aborto, il passo è breve, brevissimo.
Quando giochi ad essere Dio cammini su un filo sottile teso fra due grattacieli ed è facile, estremamente facile, cadere da una parte o dall'altra. Se ti va di culo cadi da solo, ma ahimè la storia dimostra che a cadere insieme a te, di solito, sono milioni di persone.


PENA DI MORTE
Persone che continuano a cadere sempre a norma di legge.
Come ai tempi di Giordano Bruno. Ancora oggi continuano a bruciare le streghe. Solo che a farlo non è più lo Stato Pontificio.
L’eutanasia chiamata pena di morte è applicata ancora in circa quaranta Paesi. Si parla di un olocausto perpetuo che dura dalla notte dei tempi e che, se pur in diminuzione, continua a mietere vittime.
Ultimamente si viaggia ad una media di più di quattromila esecuzioni stimate all'anno. Stimate già. Perché in alcuni paesi vige il segreto di stato. Il Vietnam, l’Iraq, la Cina e la vicina Bielorussia uccidono senza dirlo. Son timidi, introversi, non gli piace vantarsi.
Alle Maldive, in Yemen, in Arabia Saudita e in Iran si fanno esecuzioni anche su minorenni.
Nei paesi arabi si usano ancora metodi medievali o addirittura precristiani.
In Arabia Saudita si trascina il condannato a morte, con le mani legate, davanti alla moschea più grande della città. Come nel Marchese del Grillo ad assistere di solito è una gran folla urlante. E sotto il grido della folla “Allah è grande” il boia sguaina la sua spada e recide la testa del condannato. Nel migliore dei casi basta un colpo. Altrimenti… lascio spazio alla vostra immaginazione. La testa mozzata poi viene appesa dal boia alla finestra della moschea per un paio d’ore in modo che i fedeli possano fare la loro preghiera di mezzogiorno davanti al capo grondante dell’ucciso. Ci sono circa ottanta decapitazioni all'anno in Arabia. Dov'è l’occidente in questi casi?
In alcuni casi e in alcuni paesi il condannato viene avvolto in un lenzuolo bianco. Non è un segno di purezza. È un segno di morte. È un lenzuolo funebre. Viene avvolto in un sudario come per dirgli che morirà di certo. Viene avvolto da testa a piedi, perché così è anche più facile da prendere a sassate. Lui non vede e tu non lo vedi. Se devi scagliare pietre contro uno che ti guarda impaurito potresti avere ripensamenti. Ma se non lo vedi la tua coscienza sarà più pulita. Lo si interra fino alla vita, le donne fino alle ascelle. Funzionari e cittadini prendono le pietre portate sul luogo dell’esecuzione. Non sono massi enormi. Sennò con un colpo o due muore subito. Sono pietre di piccole dimensioni. Il condannato deve morire, certo. Ma soprattutto deve soffrire. E come in un gioco sadico deve avere una possibilità, remota, di poter sopravvivere. Se sopravvive dopo tutte le sassate, cosa più unica che rara, sarà ormai ridotto in fin di vita. E comunque dovrà rimanere prigioniero per 15 anni prima della scarcerazione. “Dov'è l’occidente?” vi starete chiedendo. Ecco l’occidente.
“Per alcuni prigionieri ci vogliono molti minuti prima di morire mentre altri cadono in preda all'angoscia… Nuovi studi arrivano alla conclusione che, anche se l’iniezione letale è somministrata senza errori tecnici, nei giustiziati potrebbe verificarsi uno stato di soffocamento; quindi la visione convenzionale dell’iniezione letale come una morte serena e indolore è discutibile”.
Discutibile. Juan Mendez, il 23 ottobre 2012 al Comitato diritti umani dell’Assemblea Generale dell’ONU, dice le parole che avete letto.
La spada e le pietre lasciano il posto ad una semplice e piccola siringa. Il boia diventa un infermiere. Ma mi chiedo: dov'è la civiltà? In oriente o in occidente? È più civile una sassata o un’iniezione? Si può almeno dubitare sulla civiltà sia dell’una che dell’altra oppure dobbiamo chinare il capo di fronte a queste leggi immonde?
Pentobarbital. È questo il farmaco usato negli Stati Uniti d’America. È un barbiturico economico che ha una ampissima diffusione. È un farmaco comune. Si usa per curare, o meglio, per lenire i dolori degli epilettici o degli affetti da Morbo di Huntington. Ma non nasce come un farmaco lenitivo. Nasce come un farmaco eutanasico. Non per esseri umani. Almeno inizialmente nasce per sopprimere animali. In particolare per i cavalli zoppi o malati.
Entra in circolo, cominci ad avere difficoltà a respirare, poi ti fa sobbalzare spaccandoti il cuore come se ti facessero saltare con un defibrillatore. Poi il tuo respiro si ferma.
È questo il civile occidente?
Il problema grave è che noi ci indigniamo e basta. Siamo dei maestri dell’indignazione. Alla quale però non facciamo mai seguire delle azioni concrete. A dire il vero non riusciamo neanche a capire che ciò che è accaduto in passato o che sta accadendo in altre parti del mondo adesso in realtà è pane quotidiano anche nel presente del nostro Paese. Un pane avvelenato.
Prendo in prestito una frase di Marco Paolini che dice che non dobbiamo indignarci: “L’indignazione in Italia dura il tempo di un orgasmo. E dopo viene sonno”.



ABORTO
Sono sicuro che, se ve lo chiedo, il novantanove percento di voi è contro la pena di morte. Ma quanti di voi sono contro l’aborto? Quanti di voi sono contro l’eutanasia, nell'accezione moderna e brutalmente banalizzata del termine? Una percentuale sicuramente molto, molto più bassa. Perché un'iniezione letale su un malato terminale fatta dal regime nazista durante il programma Aktion T4 deve, a ragione, scandalizzare mentre lo staccare la spina ad un malato terminale oggi è considerato un atto di umana pietas? Perché abbandonare un neonato è considerato, a ragione, una barbarie mentre uccidere un bambino nel ventre di sua madre è considerato come una vittoria del diritto delle donne?
Ma dove comincia il diritto delle donne finisce per caso quello del bambino? Cos'è il diritto allora?
Non voglio semplificare oltre misura il tema dell’aborto. Dietro lo sappiamo, ci sono storie spesso colme di dolore. E guai a criminalizzare chi sceglie quella strada. Ma permettete che almeno si possano criminalizzare dei governi che non fanno nulla per stare accanto a chi soffre?
Il metodo comunque è sempre lo stesso: la propaganda.
Quando si devono fare leggi omicide o si deve entrare in guerra è necessario seminare il terrore. Allora si dice che gli immigrati ci rubano il lavoro, delinquono e stuprano le donne per creare terrore. Si dice che bisogna legiferare sull'interruzione di gravidanza perché ci sono milioni di aborti clandestini che mettono a rischio la vita di milioni di donne.
C’è un fondo di verità? Si. Ci sono stati in passato sicuramente molti aborti clandestini. Che continuano tutt'ora. Sicuramente molti meno. Ma ci sono. Però una verità può diventare un pretesto. Basta gonfiare la verità stessa.
La storia vedete che si ripete. Da Lombroso a oggi.
Basta scatenare delle campagne mediatiche che subito l’opinione pubblica si fa la propria opinione. Che poi è l’opinione privata delle lobby che indicano le notizie da dare e in che misura darle.
Nel giro di qualche anno escono cifre sugli aborti clandestini molto divergenti. Alcuni quotidiani parlano di ottocentomila all'anno, altri addirittura di quattro milioni all'anno. Ma questo basta a fare il giusto casino. E allora con la legge 194 l’aborto in Italia diventa legale. Diventa legale ammazzare dei bambini. So che qualcuno storcerà la bocca ma io devo dire che un concepito è un bambino. E allora mentre noi autorizziamo lo sterminio di milioni di bambini ci scandalizziamo se in Belgio passa una legge sull'eutanasia per minori?
Sappiate che chi vi dice che gli aborti sono diminuiti o aumentati dopo l’applicazione della legge 194 vi dice una castroneria enorme perché non può sapere quanti aborti illegali c’erano prima e quanti ce ne sono adesso.
La coerenza non ha bandiera politica. Non si può dire che la guerra è di destra e l’aborto è di sinistra. Possibile che ancora oggi siamo qui a discutere di queste ideologie ridicole? Di destra e di sinistra? Ci sono valori che non hanno colori. Chi attribuisce un colore ad un valore universale bestemmia di fronte alla Storia e di fronte alla Natura.


PABLO
Nel 1980 don Miguel Meleto, professore universitario, chiese ad un bambino di sei anni: “Sai che cos'è la Sindrome di Down?”
Quel bambino si chiamava e si chiama Pablo Pineda. Era Down ma non sapeva di esserlo e non sapeva nemmeno quindi cosa volesse dire essere Down.
Don Miguel sapeva che Pablo era pronto per conoscere la sua diversità. Sapeva che, di lì a poco, molti adulti e bambini avrebbero cominciato a compatirlo, ignorarlo o deriderlo. Non so cos'è peggio.
Pablo si era accorto di essere diverso, che aveva gli occhi più distanti e che le mani non erano uguali ma non sapeva nulla di questa sindrome.
Don Miguel spiegò a Pablo cos'è la Sindrome di Down e il piccolo, dimostrando grande lucidità, rispose: “Don Miguel, sono stupido?” Ovviamente don Miguel gli disse di no ma Pablo, preoccupato prosegui ad interrogarlo: “Potrò continuare a studiare?” Anche in questo caso la risposta fu convincente e positiva.
E così ha fatto. Ha continuato a studiare. Sicuramente ha studiato più di me.
A otto anni lo coinvolsero in un programma televisivo dove, con un visionario senso della vita, disse che “bisognava far frequentare la scuola ai Down con gli altri bambini e lasciarli giocare insieme durante la ricreazione”.
Molti diranno che non è “malato” come tutti gli altri Down se a così pochi anni già aveva una tale lungimiranza. Invece lui è un Down puro e deve tutto alla sua forza di volontà e al coraggio dei suoi genitori. Dei suoi genitori racconterà a El Pais: “Più che consultare i medici, erano loro che dicevano ai medici che cosa bisognava fare. Essi dicevano: "Questo bimbo non potrà imparare che le cose più semplici"; E i miei genitori non gli davano retta: tu occupati delle tonsille, che io mi occupo della sua educazione. Mai credettero che non potessi imparare, mai credettero al mio medico. I miei genitori pensarono sempre che dovevo essere autonomo e mi educarono per quello. Don Miguel è stato uno stimolo. Quando ero bambino, mi faceva delle piccole cattiverie. Dirmi per esempio che sarebbe venuto a prendermi e poi non venire. Lasciandomi solo, per vedere che facevo. Pensa che tipo. E io, oltre a maledire tutta la sua parentela ed essere morto di fame, dovevo arrangiarmi. Prendevo un autobus.. Che avventura. Tutti, i miei genitori, mio fratello, mio zio, facevano i turni per spiarmi dietro un giornale, come dei detective. Pure quando cadevano quattro gocce e domandavo a mio padre di accompagnarmi a scuola, mi diceva: "Mettiti l’impermeabile e vattene in autobus"; i miei genitori sono stati forti, non hanno mai ceduto, non gli ho mai trovato un punto debole. Dovevo fare acquisti, maneggiare denaro. Fu un grande cambiamento, cominciai a prepararmi la cena: l’uovo fritto, l’insalata, la bistecca, cose facili, ma normalmente un Down non le fa; se ha dei genitori protettivi non le fa. Perché c’è il fuoco, l’acqua che bolle, eccetera.”
A ventuno anni si è messo a studiare quello che i libri dicevano sulla Sindrome di Down. Quei libri su cui probabilmente aveva studiato anche il suo medico, che in buona fede lo trattava come uno da cui non poteva mai nascere niente, un peso. Pablo non si riconosce in questi libri. “Quando incominciai a leggerlo mi dissi: io non sono così. Altri affetti da sindrome di Down che avevo conosciuto, nemmeno loro erano come li descrivevano i libri. La letteratura ci descrive peggio di come siamo e ci esclude. Dicono che siamo deficienti, che siamo ritardati. E che non c’è nessuna soluzione, che è la cosa peggiore.”
Oggi Pablo ha quarant'anni. È laureato in magistero e in psicopedagogia e dal 2013 è un presentatore televisivo. Il primo programma presentato da un Down. Venticinque anni fa, in una conferenza, ad una signora ignorante, come spesso, troppo spesso, siamo noi, che chiese se si sarebbe mai sottoposto ad un intervento di chirurgia estetica per migliorare il suo volto lui risponderà: ”No, ci sono molto affezionato. Non le piace come sono?”


MUNA
Vorrei raccontandovi la storia di una bambina: Muna.
Muna è nata a Geladi nel 2005. Geladi, per quanto il nome possa far pensare a posti freddi, è una città africana, etiope, della regione di Ogaden. È un luogo di guerra. Già dai tempi di quell'omino italiano, pelato, di medio bassa statura, che aveva manie di onnipotenza. No, non quello che state pensando, quell'altro. Quello che era amico di quel tipo con i baffetti. È incredibile quanti danni fanno gli uomini di medio bassa statura, pelati, che sono amici di uno con i baffetti. Comunque dal 1994 in quella regione si stima che siano morte per colpa della guerra circa cinquemila persone, ma ovviamente è una stima approssimativa.
Muna però no. Muna e il suo sorriso riescono a non essere sfregiati dalla guerra nonostante la scomparsa di molti amici e parenti. I parenti rimasti capiscono che l’unico modo per dare una speranza alla piccola è quello di avventurarsi in un lungo viaggio. Un viaggio che dal corno d’Africa possa portarli fino a Misurata, nella Libia liberata da Gheddafi. Da lì poi il salto per arrivare in Europa attraversando il Mediterraneo. Una nuova vita, difficile, ma sicuramente meno pericolosa di quella di Geladi.
E così Muna parte e arrivata a Misurata riesce a trovare uno scafista. Beh non era difficile. I risparmi di una vita finiscono in un barcone per salvare la propria figlia. Muna supera il Mediterraneo e arriva a Lampedusa. Da lì, dopo alcuni giorni difficili verrà trasferita a Palermo, poi a Roma, infine a Firenze. Muna dopo alcuni mesi viene adottata da una famiglia italiana. Diventa italiana a tutti gli effetti.
Non è facile. Una nuova cultura. Una nuova lingua. Senza più la sua amata famiglia di origine.
Ma l’amore dei suoi nuovi genitori fa tornare il sorriso che Muna aveva perso una volta partita da Geladi. Piano piano si integra nella scuola, nella sua città adottiva e…
Vorrei andare avanti ma purtroppo la storia di Muna non è questa. O meglio la storia di Muna non arriva fino a questo punto.
Muna in realtà non riesce ad integrarsi nella nuova scuola e nella nuova città. Muna non ritrova il suo sorriso. Muna non si adatta alla nuova lingua e alla nuova cultura. Muna diventa sì italiana ma non abbandona la sua famiglia di origine.
Muna, insieme alla sua famiglia, muore il 3 ottobre del 2013 a poco meno di un chilometro dalle splendide spiagge di Lampedusa. Quel Mediterraneo che rappresentava la porta della speranza è diventato invece il suo epitaffio. Per lei come per altri bambini e per molti altri adulti.
In realtà non so se era insieme alla sua famiglia. Non so neanche se si chiamava Muna. Io l’ho voluta chiamare così. Muna in arabo significa “Desiderio”.


DESIDERIO
Ecco, vorrei proprio che dopo queste parole rimanesse dentro noi un desiderio. Solo quello.
Un desiderio di verità, libero da pregiudizi religiosi, politici, economici e egoistici.
Un desiderio di memoria, perché la storia come avete visto si ripete e se noi non impariamo dal passato non possiamo affrontare il presente.
Un desiderio di diversità, perché il diverso non spaventi più, perché non sia un peso ma un valore.
Un desiderio di coraggio, per opporsi a leggi o obblighi moralmente immondi rischiando la repressione, anche con gesti apparentemente piccoli, come quello del più grande direttore d’orchestra di tutti i tempi, Arturo Toscanini, che si rifiutò di dirigere l’inno fascista “Giovinezza”.
Una società che davvero voglia essere etichettata come civile deve regalarsi questo desiderio.
L’ipocrisia in malafede è un male enorme del nostro tempo. Ma peggio, molto peggio, è l’ipocrisia latente, quella che nemmeno sai di avere, molto più diffusa della prima. Quell'ipocrisia che ci fa dire che il nazismo, il fascismo, il comunismo, la sterilizzazione, la pena di morte e ogni sorta di soppressione del più debole sono pratiche o ideologie appartenenti al passato, al novecento.
Perché… Non è forse novecento quella flotta di disperati, ammassati sui barconi come sardine in una scatoletta, che quotidianamente traversa il mare in cerca della Valle Incantata?
Non è forse novecento quando scendiamo lo scalino del marciapiede per non passare vicino a un mendicante?
Non è forse novecento quando vediamo un Down e ci giriamo dall'altra parte?
Non è forse novecento quando un bambino viene ucciso nel grembo di sua madre?
Non è forse novecento quando emarginiamo un omosessuale?
Non è forse novecento quando un malato viene abbandonato nel proprio letto?
Non è forse novecento quando discriminiamo uno straniero?
Non è forse novecento quello che i carcerati devono subire nelle nostre galere?
Non è forse novecento quando la scuola prima e il lavoro poi ci considerano come numeri e non come valori?
Un desiderio, se riusciamo a farlo diventare vivo e reale, diventa un testamento che lasciamo alle generazioni future.
Un desiderio è un braciere vuoto che ho cercato di riempire con queste parole.
Adesso sta a me e a chi vorrà farlo accendere il fuoco.
Daniele Levis

     

Commenti